BIGLIETTI PASTORALI DEI GIOVANI

«Raggiungere tutte le persone possibili, senza preconcetti»; «vivere una più concreta e reale prossimità»; «superare quelle rigidità che portano a dissidi interni»; «sperimentare maggiore apertura e collaborazione tra parrocchie»; «prestare più attenzione all’accompagnamento personale»; «non abbandonare nessuno»; «essere accoglienti verso tutti, anche verso i non credenti»; «denunciare e combattere il male che vediamo quotidianamente anche nel nostro ambiente parrocchiale»; «avere più formazione spirituale e teologica»; «unire la vita spirituale al servizio per gli altri, soprattutto ai più fragili»; «sollevare i sacerdoti dall’incarico di amministrare mille strutture, perché possano tornare ad occuparsi del popolo di Dio»; «offrire più apertura degli adulti verso i giovani: adulti che riescano ad apprezzare e valorizzare anche chi è meno esperto piuttosto che avere sempre uno sguardo critico e giudicante»; «aumentare le esperienze di volontariato rivolte ai giovani»; «stare vicino alle persone, entrando in relazione e ascoltandole anche nei momenti in cui si sentono sole»; «saper apprezzare i piccoli sforzi senza chiedere sempre il 100%»; «offrire più percorsi formativi seri per aiutare i giovani a vivere meglio la loro missione»; «portare i fedeli a vivere la “fede” e non la “religione”»; «interrogarsi spesso»; «mettersi in discussione»; «ringiovanirsi»; «pubblicizzare tutto il bene che fa la Chiesa (tanto il brutto lo conoscono tutti)»; «puntare alla bellezza», «avere una Chiesa ecosostenibile»…Non saprei rispondere in modo più creativo alla domanda «che cosa chiedi alla Chiesa?» di quanto abbiano fatto gli ottanta giovani, provenienti da 26 parrocchie di Modena, interpellati in maniera “sinodale” durante la vacanza di Campestrin (TN) organizzata dalla pastorale giovanile diocesana a fine agosto 2021.

Ho riportato solo alcune delle loro risposte, scritte in un pomeriggio su piccoli biglietti di carta: ma già queste, da sole, costituirebbero l’indice di una “lettera pastorale”. Mi hanno colpito le loro osservazioni: creative, sincere, profonde. Non le ho recepite come dei giudizi – per quanto favoriscano anche un esame di coscienza personale e comunitario – ma come dei desideri. Si ripetevano nei loro biglietti i concetti di “apertura”, “prossimità”, “formazione”…

Si obietterà che quegli ottanta erano “selezionati”; ma credo che in realtà abbiano espresso ciò che pensa la maggior parte dei giovani che partecipano alla vita delle nostre comunità: parrocchie, gruppi, associazioni, movimenti.

I nostri giovani manifestano una grande autenticità: chiedono di essere accompagnati, di poter parlare di più con i presbiteri (per questo auspicano che non siano affogati dalla burocrazia) e di ricevere una formazione più solida; chiedono agli adulti di fidarsi di più dei giovani, di evitare inutili tensioni e litigi, senza attaccarsi alle piccole fette di potere, e di lasciare spazio anche a loro. Ho capito, una volta ancora, quanto avesse ragione san Benedetto da Norcia quando, ormai quindici secoli fa, nella sua Regola monastica domandava all’abate di «consultare tutta la comunità, perché spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore» (III,3). Perché il Signore fa queste preferenze per i più giovani? Forse perché hanno meno filtri, sono più diretti e poco inclini ai compromessi.

Avevo pensato, visto il perdurare della pandemia, di evitare anche quest’anno la “lettera” e adottare il formato della “cartolina”: formato che impone a chi scrive, per la gioia di chi legge, uno sforzo notevole di sintesi; alla fine è venuto fuori un testo troppo lungo come cartolina, ma troppo corto come lettera pastorale; diciamo che è un insieme di “biglietti”. Cercando comunque di conservare quell’essenzialità alla quale il covid-19 ci ha provocati, mi limito a raccogliere e rilanciare i biglietti dei giovani che a Campestrin si sono divisi in gruppi per confrontarsi su questa fase di crisi sanitaria, a partire dalla metafora del diluvio universale. La narrazione biblica presenta risonanze molto attuali: il diluvio che sommerge il mondo malvagio fa riflettere su ciò che nell’esperienza di fede è – o dovrebbe essere – annegato, morto e sepolto, sotto la pandemia; l’arca di Noè è uno dei simboli antichi della Chiesa, che attraverso il battesimo porta gli uomini alla salvezza; la scena di Noè che sale sull’arca e vi dimora per mesi insieme alla sua famiglia richiama le relazioni, gli affetti e i sentimenti; e infine la presenza nell’arca delle coppie di animali, maschi e femmine, e l’armonia che si ricrea dopo il diluvio, nel segno dell’arcobaleno, ricorda la visione biblica dell’armonia con tutto il creato.

I quattro temi sui quali hanno riflettuto i gruppi sono quindi: l’esperienza cristiana, i sacramenti, gli affetti e la sessualità, il rapporto con il creato. Questi grandi temi ci permettono un inserimento creativo nel cammino sinodale che la Chiesa universale e italiana sta avviando; questo cammino non è altro che la pratica dello stile di dialogo, confronto, preghiera, scambio di esperienze, celebrazioni, attività. Siamo chiamati nei prossimi anni ad un ascolto profondo di “ciò che lo Spirito dice alle Chiese”; in un tempo nel quale prevalgono spesso sensazioni, discorsi e gesti negativi, credo proprio che dai giovani possa arrivare “la soluzione migliore”. Ed è su questa base, tenendo presenti i moltissimi incontri dei mesi scorsi con presbiteri, diaconi consacrate/i e laici – e in particolare i dialoghi approfonditi vissuti in Val d’Aosta (30 agosto – 4 settembre) tra i nostri presbiteri di recente ordinazione – che propongo piccole tracce; inserendosi nel cammino sinodale chiesto alle nostre Chiese, qualcuna di queste tracce potrà offrire spunti per il lavoro di consigli pastorali, gli incontri educatori e i gruppi sinodali nel corso dell’anno pastorale 2021-22.

(continua…)

LA SOLUZIONE MIGLIORE